Ne sentiamo parlare ovunque, i “superfood” sono proprio dappertutto.
Gli slogan ne parlano come di cibi miracolosi, ricchi di benefici e nutrienti per il nostro organismo.
Ma quanto di vero c’è in tutto questo?
Forse non esiste un cibo capace di risolvere qualsiasi problema, ma bensì la composizione di un piatto variegato ricco di colori, frutta e verdura potrebbe essere la soluzione.
Il termine “Superfood” nasce durante la Prima Guerra Mondiale.
La United Fruit Company, multinazionale specializzata nel commercio di frutta tropicale, pubblicò una campagna pubblicitaria per promuovere il suo maggior prodotto: le banane.

BANANE
La compagnia consigliava di consumare il frutto giallo ogni giorno. Era economico, nutriente, facilmente digeribile e, grazie alla sua buccia, riduceva al minimo le difficoltà di conservazione. Col passare del tempo, la banana è entrata così nell’immaginario collettivo come frutto estremamente sano quando in realtà, a parte il vantaggio della praticità, non possiede particolari virtù rispetto ad altri frutti.

MIRTILLI

Entrano nei «superfood» nel 1991, quando l’Istituto Nazionale sull’Invecchiamento e il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA) sviluppa uno strumento di valutazione chiamato ORAC (Oxygen Radical Absorbance Capacity), per misurare il potere antiossidante degli alimenti.
L’elenco di vari alimenti, tra cui cacao, bacche, spezie e legumi, assieme ai rispettivi punteggi ORAC, fu pubblicato sul sito web del Dipartimento. I mirtilli erano in cima alla lista e furono così promossi come elisir per anni, nonostante i dati scientifici sulle loro proprietà fossero deboli.

AVOCADO

I benefici sono tutti negli acidi grassi monoinsaturi che proteggono l’apparato cardiocircolatorio, acidi grassi che possiamo però ritrovare anche in alimenti tipici della nostra tavola come l’olio d’oliva.

La presenza di grassi rende l’avocado estremamente calorico, basti pensare che un frutto medio apporta circa 240 chilocalorie, quanto un’intera barretta di cioccolato.

SEMI DI CHIA

Contengono molti Omega-3: 17 grammi su 100, per la precisione, quattro volte più delle sardine e otto volte più del salmone. Insomma, dei veri super-semi. Se non fosse che si tratta di Omega-3 diversi, a catena corta, assimilabili meno efficacemente dal nostro corpo rispetto a quelli a catena lunga. Quindi per avere un sufficiente introito di questi grassi essenziali converrebbe ancora mangiare pesce, ma per chi non lo ama è necessario attingere da più fonti vegetali oltre ai semi di chia, come i semi di lino, l’olio extravergine di oliva e le noci.

BACCHE DI GOJI

Appartengono da sempre alla tradizione cinese e tra i loro grandi meriti c’è il contenuto elevato di vitamina C.

È stato inoltre dimostrato che contengono alti livelli di zeaxantina (7,38 mg per 100g di prodotto), un carotenoide che ha comprovati effetti positivi sulla degenerazione del tessuto oculare legata all’età. Però anche queste bacche vengono in molti casi surclassate da frutta e verdura nostrana: gli spinaci vantano 12 mg di carotenoidi su 100 grammi e i limoni o i kiwi sono ricchissimi di vitamina C.

Scritto da Chiara Mirani